Immaginiamo, ora, di essere dei cavalieri medievali, la cui arma invincibile siano le parole: una spada magica, che però, come abbiamo detto, è a doppio taglio. A volte la teniamo nel fodero, non diciamo tutto quello che pensiamo, o lo diciamo dopo averci ragionato su: la tanto elogiata diplomazia! Sapersi trattenere, però, non vuol dire lasciare la nostra spada ad arrugginire: ci sono cose che devono essere dette, parole, anche se scomode, che devono essere usate.
Il coraggio di un cavaliere non si stabilisce solo dalla portata del suo braccio, ma anche dal coraggio delle sue parole: non si sono mai visti prodi cavalieri restii a esprimere le proprie idee. Le parole devono essere usate! Sono la nostra prima e più grande risorsa, primo approccio agli altri, prima risorsa di comunicazione delle idee. Non idee ad ogni costo però: il presupposto non è avere sempre ragione! E' importante avere idee ferme, ma senza agitarle di qua e di là: nello sguainare la spada, c'è sempre fierezza e eleganza. Questo perché un prode cavaliere si schiera sempre, ma mai per se stesso.
E qui è il rischio: una spada non va agitata in aria, minacciando tutti, scagliandosi contro tutti, senza rendersi conto che la lama può ferire, e molto. Brandire la spada a caso è sintomo di egoismo: ogni colpo ha una conseguenza, così come ogni parola. Il veleno della ferita è subdolo, soprattutto se chi l'ha provocata non se ne accorge.
Finalmente siamo stati convocati al cospetto del re: dopo il nostro giuramento, l'investitura sarà ufficiale. Il giuramento ha un doppio valore: in primo luogo, le parole vengono usate per promettere, dare la parola è scommettere il proprio onore. Non possono esistere giuramenti fatti con leggerezza, le parole al vento si perdono ancor prima di essere dette: si giura con la spada, perché è da lei che dipenderà il nostro onore, la nostra realtà, la rispettabilità.
In secondo luogo, le parole di un giuramento sono scelte. Con accuratezza, ogni parola ha un suo ruolo preciso. Ne consegue, naturalmente, che non tutte le parole sono funzionali: tutte le parole dubbie, i doppi sensi, le brutture e le storture avvilirebbero il giuramento stesso, gettando ombra anche sul cavaliere. Ad un animo arrugginito corrisponde un linguaggio macchiato, corrotto.
Il sogno di Artù, il santo Graal degli armaioli: la spada nella roccia è la spada nascosta, conservata, in attesa dell'unica persona che possa estrarla. Così alcune parole: quelle che più si fatica a dire, quelle affettuose, piene di significato, conservate. Tanti cavalieri hanno provato a estrarre Excalibur con arroganza, sminuendo il suo ruolo. Artù no: sapeva che era necessario tirarla fuori, nonostante la fatica, nonostante la competizione a cui sarebbe andato incontro e ai tentativi di invidiosi cavalieri di rubarla. Tornando all'oratorio, pensiamo all'estate, ora che è alle porte: il rischio di essere esibizionisti, di abusare di questo dono per superficialità, è fondato. Ma pensiamo anche alla fine di una giornata estenuante: il controllo è minimo, ed è più facile erigere un muro di acidità, piuttosto che avere sempre una buona parola per tutti. Come non bisogna aver paura di essere severi, così non bisogna averne di essere buoni. Artù sa che ci sono parole che devono essere dette, e che devono essere difese.