GABINETE Zona Almagro

Av Corrientes y Av Medrano
Caba Ar

Modalidad Reserva Anticipada
deucalio@gmail.com

Lunes a Sabados






* utilizo de material descartable (cubrecamilla individual, etc)













lunes, marzo 12, 2012

I DRUDI E STORIA DEL POPOLO CELTICO






Un mondo di Druidi, querce, vischio sacro: il mondo di oggi ritrova l'essenza di un popolo la cui cultura diventa spiritualità. La storia di quest'antica civiltà non inizia in Irlanda o in Scozia, come verrebbe da pensare: le radici si perdono probabilmente nelle steppe dell'Asia lontana.


Alcuni sostengono che la civiltà di Golasecca (valle del Ticino) costituisca il primo stanziamento europeo dei Celti, al quale seguirono gli stanziamenti di Hallstatt (Austria) e di La Tene (Svizzera). Dire Celti è dire mistero, orgoglio, guerra, società evoluta, dinamismo.

Dire Celti è parlare di un popolo che seppe ordinare le proprie genti in tribù e darsi un'origine divina (maschile o femminile, senza differrenza). Un popolo fatto di tante genti accomunate da lingue semanticamente simili anche se lontane migliaia di chilometri.

Una civiltà evoluta insomma, che quando conquistava (ed erano maestri in questo) non devastava ma "concordava" insieme ai conquistati regole e modalità di vita sociale. E che non ebbe mai un grande impero, nè grandi condottieri o imperatori. Ma fu, ed è tutt'ora, una delle più grandi civiltà di tutti i tempi.

Nelle antiche cronache, per circa 500 anni prima dell'era cristiana, sono frequenti i riferimenti ad un popolo associato ai vari imperi e regni dell'epoca, un popolo pacifico a volte, dedito alla guerra altre volte ma, evidentemente, occupante una posizione di grande influenza e potere nella Terra Incognita dell'Europa continentale. Questo popolo veniva dai greci chiamato 'popolo degli Iperborei o dei Celti', nome con cui è stato tramandato ai tempi moderni.

Erodoto, circa mezzo secolo più tardi, parla dei Celti come di abitanti delle terre antistanti le colonne d'Ercole (con un chiaro e preciso riferimento dunque alla penisola iberica) e fondatori di un regno vicino il corso del Danubio. Mentre Aristotele e Platone li descrivono come un popolo fiero e combattivo, dedito all'alcool e alle razzie delle terre tra cui Delphi e la stessa Roma, altri scrittori invece ci tramandano un'immagine di loro pacifica e amichevole, con tradizioni simili ai greci e propensi al commercio e all'artigianato.

La storia dei Celti, durante il periodo in cui dominavano in Europa centrale, deve essere quindi costruita sulla base dei numerosi frammenti della loro vita che emergono dalle cronache classiche di scrittori e pensatori greci e romani; poco o niente è rimasto della loro architettura e nessuno scritto di loro pugno è stato tramandato a noi: tutto ciò su cui possiamo rielaborare la loro storia sono alcune monete, dei finissimi ornamenti e armi in bronzo decorate con figure di animali e caratterizzate da una pregiatissima lavorazione.

Grazie alla rinnovata passione degli studiosi moderni per la grande cultura, possiamo tracciare una linea ideale dello sviluppo della civiltà celtica in generale, partendo dagli albori fino ad arrivare al periodo romano e alto medievale.

Prima di iniziare, dobbiamo sgombrare ancora una volta il campo dall'idea che i celti fossero una sola ed omogenea razza. I veri celti, quelli descritti nelle cronache antiche e studiati ai giorni nostri, erano un popolo fiero e combattivo, alti di statura e di carnagione chiara, la cui zona di origine era in qualche modo situata alle sorgenti del Danubio e che, a volte pacificamente ed altre con l'uso delle armi, diffusero la loro civiltà e il loro dominio su tutta l'Europa continentale, sulla Gallia, la Spagna e le isole britanniche.

Essi non sterminarono gli abitanti delle terre che conquistavano -popoli provenienti dal paleolitico e neolitico, costruttori di dolmen e lavoratori del bronzo - ma piuttosto li assimilarono, imponendo la loro lingua, le loro arti e il loro sistema sociale aristocratico a base piramidale.

Essi resistettero per molti secoli, prosperando nelle arti e nella religione, nella politica e nella guerra per cui andavano sempre fieri; tuttavia non riuscirono mai ad organizzarsi in un unico regno o impero e, con il passare del tempo, persero naturalmente quelle caratteristiche originarie per essere influenzati dalle genti e dai luoghi che conquistavano.

I celti di oggi, coloro che tramandano ancora la loro tradizione e il loro linguaggio, sono in qualche modo differenti da quelli della storia classica; per fare un esempio di carattere fisico, i celti attuali delle isole britanniche sono di carnagione scura rispetto ai primi abitanti delle sorgenti del Danubio: persino i celti irlandesi del XII secolo erano descritti come un popolo dalla pelle chiara da Giraldus Cambrensis.

Il periodo che va dal V al IV sec A.C. fu senza dubbio il momento di massima espansione dei celti.

Dalla loro terra di origine infatti, cominciarono a muoversi e conquistare molti territori dell'Europa continentale fino a scontrarsi con i cartaginesi, nel 500 a.C. circa, per l'occupazione della Spagna.

Dopo aver ottenuto con successo la penisola iberica, un secolo più tardi, invasero l'attuale Italia settentrionale e ingaggiarono battaglia con gli etruschi; molti nomi di città testimoniano ancora oggi la loro presenza come Mediolanum (Milano), Addua (Adda), Viro-dunum (Verduno) e altre ancora.

Alla fine del quarto secolo, si spostarono ancora e sconfissero gli Illiri rendendo assidui i contatti con i greci.

Fin dalle loro prime conquiste, i celti avevano avuto contatti e alleanze con i greci; proprio la conquista della Spagna cartaginese fu un'ottimo punto di svolta nella storia delle rotte commerciali mediterranee perché, in tal modo, i celti assicurarono ai greci loro alleati il monopolio dei traffici dell'argento e delle vettovaglie nel sud dell'Europa. Alla fine del quarto secolo prima dell'avvento di Cristo, i celti erano alleati con i greci non solo contro i cartaginesi, ma anche contro popolazioni provenienti dell'est quali fenici e i persiani.

Con l'avvento di Alessandro Magno i rapporti con i celti si intensificarono; essi aiutarono infatti Alessandro a liberarsi delle popolazioni belligeranti circostanti e, quando decise di partire per la conquista dell'Asia, strinse un patto con loro in cui si stabiliva che i celti avrebbero protetto il regno greco in sua assenza; gli storici dell'epoca tramandano che, al ritorno dalle campagne in Asia, Alessandro bevve con loro chiedendogli cosa i celti temessero di più al mondo ed essi risposero di non aver timore di nessun uomo, solo della caduta del cielo sulle loro teste.

La loro ancestrale paura per la caduta del firmamento celeste si ritrova curiosamente molto più tardi in un romanzo irlandese datato XII sec, il Tàin Bo Cuailgne, nel quale gli eroi irlandesi dell'Ulster dichiarano al loro re intento a procurar battaglia: "Il cielo è sopra di noi, la terra sotto, il mare ci circonda.

Fino a quando il cielo non cadrà sulle nostre teste con la sua pioggia di stelle o la terra si aprirà in un gigantesco terremoto o le onde del mare non imperverseranno tra i campi e le foreste, noi non arretreremo di un passo". Il fatto che questa 'formula' è sopravvissuta attraverso secoli, dai tempi dei greci fino al periodo medievale, testimonia quanto forte sia stata l'influenza dei celti in Europa.

Ho accennato in precedenza ai conflitti occorsi tra celti ed etruschi. Nel 400 a.C. i celti avevano raggiunto la loro massima espansione militare e politica in Europa ed erano guidati da un capo, Livio Ambicatus il quale, probabilmente, fu una sorta di rex di varie tribù unite in una confederazione.

Attirati dalle ricchezze della penisola italica, essi varcarono le Alpi in forze e si scontrarono immediatamente con gli etruschi che al tempo occupavano la parte settentrionale di questo territorio. I romani, che a quel tempo stavano cominciando a consolidare la propria struttura politico-militare, entrarono in contatto con i capi celti e stipularono un accordo per liberarsi congiuntamente della loro 'spina nel fianco' in comune, gli etruschi.

Ma, nella battaglia di Clausium, 391 a.C., i romani, plausibilmente spaventati da questo popolo proveniente dal nord, agirono con un doppio gioco e si schierarono con il nemico; i celti reagirono e, dopo aver chiesto a Roma soddisfazione per questo tradimento, si organizzarono in forze e marciarono a sud, intenzionati a distruggere la potenza di quella che sarebbe diventata la città eterna.

Lo scontro avvenne sul fiume Allia, nel 390 a.C., dove l'esercito romano si era posizionato; la battaglia che ne seguì fu una delle più grandi vergogne subite dai romani i quali gli dedicarono all'uopo un giorno preciso nel loro calendario, il dies Alliensis. I celti circondarono i romani sui fianchi e li assalirono con una terribile carica: in seguito entrarono in città e la saccheggiarono depredando tutte le sue ricchezze e facendo molti schiavi.

I celti rimasero a Roma per un anno prima di abbandonarla in seguito ad un trattato di pace occorso con i romani; per oltre un secolo ci fu pace tra i due popoli ma questo precario equilibrio fu rotto quando alcune tribù celtiche si allearono con gli antichi nemici romani, gli etruschi durante la terza guerra sannitica. Questo avvenimento coincide con l'inizio della fine dell'impero celtico; la dominazione romana stava per iniziare.

Quali sono le prove oggi di una così grande diffusione della cultura celtica in Europa e che rapporto avevano le popolazioni germaniche che pure occupavano il continente con i celti? Per rispondere a queste e ad altre domande è necessario uno studio filologico attento dei nomi o denominazioni di alcuni posti o zone geografiche.

Prendiamo per esempio il nome celtico Noviomagus, composto da due parole celtiche, l'aggettivo novio che significa nuovo e magos (in irlandese magh), vale a dire pianura, campo; se confrontiamo questo nome con alcune zone in Europa ci accorgiamo immediatamente di quanto i celti possano avere avuto grande influenza: in Francia abbiamo Noyon, Nijon, Nyons, ma ci sono anche città come Nimègue e Neumagen.

La parola dunum, così frequente in Galles, che significa castello o fortezza, è un altro elemento celtico tipico nei termini e nomi europei: si pensi a Viro-dunum (Verdun) o Lug-dunum (Lione). In Gran Bretagna la parola dunum è stata trasformata in castra e, quindi, Camulo-dunum è diventato Colchester e Brano-dunum Brancaster. Questi sono solo esempi, ma tracce di parole celtiche le ritroviamo anche in numerose denominazioni di posti in Spagna, Portogallo, Italia e persino nella Turchia.

Stessa storia per i numerosi reperti archeologici ritrovati in Europa. La necropoli pre-romana ritrovata ad Halstatt, in Austria, ha riportato alla luce oggetti risalenti al 600-500 a.C. e che testimoniano l'esistenza di una ricca civiltà dedita al commercio: sono stati rinvenuti collanine di ambra, vetro fenicio, monili dorati e spade in ferro finemente lavorate e con intarsi in oro e avorio.

Ciò che svilupparono i celti in fatto di arte fu soprattutto un gusto naturale per le decorazioni e gli ornamenti su ogni genere di materiale, oro, argento, bronzo, avorio, pietra, e per ogni sorta di oggetto, dalle armi ai monili, dai vestiti alle case; ritroviamo spesso motivi naturalistici quali foglie, trifogli, animali, ma anche spirali e linee ondulante.

Molti storici ci hanno tramandato inoltre che i celti erano supremi maestri nell'arte dello smaltare oggetti; prima di loro questa tecnica non esisteva e i popoli a venire, tra cui i romani, appresero con cura come mescolare i vari colori e smaltare gioielli, monili, pietre, colonne e armi.

Dott. Francesco Ravallese