Queste poche righe vogliono dare un inquadramento semplice e sensato, ma soprattutto coerente con la situazione storico, alla nascita, alla crescita ed infine alla caduta del più importante Ordine Monastico – Militare del medioevo.
Tutto deve partire ovviamente dalla Iª Crociata e dalla conquista di Gerusalemme nell’anno 1099; da questo momento prendono le mosse gli eventi che porteranno alla nascita dell’Ordine, in quanto la creazione degli Stati Latini d’Oriente e il ritorno a casa della maggior parte dei crociati pongono immediatamente il problema del controllo militare del territorio. Le truppe rimaste non sono sufficienti nemmeno per il presidio delle maggiori città, di conseguenza non vi può essere una capillare rete d’appoggio per i numerosi pellegrini e le grandi carovane che si muovono in Terrasanta, e che sono facile preda di beduini e saraceni.
Una ventina d’anni dopo (1118,1119,1120 poco importa), inaspettatamente, un piccolo gruppo di cavalieri laici trovò una soluzione innovativa al problema: Ugo di Payns, Goffredo di Saint Omer ed altri sette cavalieri “… rinunciarono al mondo e si consacrarono a Cristo…” mantenendo allo stesso tempo lo status di guerrieri e impegnandosi a “…difendere i pellegrini contro briganti e predatori, a proteggere le strade e a fungere da cavalleria del Re Sovrano…)[1].
Sconvolgendo la tripartizione della società medioevale (oratores, bellatores, laboratores), nasceva un’entità che assommava al valore della cavalleria medioevale la rigida disciplina monastica, nasceva il primo esempio di servizio militare permanente; fortemente motivato e soprattutto svincolato dalle regole feudali, regole che, come si sa, prevedevano solo un periodo limitato nel tempo al servizio del Re in guerra.
Con l’appoggio politico e materiale del Re e del Patriarca di Gerusalemme, che subito si accorsero di quanto fosse utile questa novità, il piccolo nucleo originario crebbe d’importanza e di numero. Tanto che, poco meno di dieci anni dopo (1127), Ugo di Payns giunse in Europa per ottenere un riconoscimento formale dell’Ordine da parte del Papa; ma allo stesso tempo per risolvere anche un problema di carattere spirituale e religioso che rischiava di minare alla base l’intera costruzione templare: come può un monaco votato a Cristo impugnare le armi e spargere sangue, ancorché d’infedele, in battaglia?
Una contraddizione piuttosto pesante che trovò una prima parziale risposta nella promulgazione della Regola templare, da parte del Concilio di Troyes nel 1129, ma che venne poi brillantemente risolta da Bernardo di Clairvaux quando, circa un anno dopo il Concilio, su richiesta dello stesso Ugo di Payns, compose il celebre “De laude novae militia”, un vero sermone esortativo ed elogiativo; dando così spessore teologico al sincero spirito religioso e di servizio dei primi cavalieri.
Da quel momento l’Ordine cominciò a crescere in modo continuo e costante sia in Terrasanta sia in Europa: grazie a donazioni, prebende e privilegi, grazie anche alle Bolle papali che lo liberarono dalle pastoie della gerarchia ecclesiastica e lo posero sotto l’egida diretta del Papa.
Di tutto questo i templari fecero buon uso; le ricchezze economiche in Europa furono trasformate, grazie alla loro abilità economica (valga per tutti l’invenzione dell’assegno), in risorse che mantennero in terrasanta la costosa macchina da guerra: i castelli di proprietà, i castelli affidati loro al Re o da altri feudatari, le armi, i cavalli e gli altri approviggionamenti necessari ad un esercito permanente.
Arrivati a questo punto è bene soffermarsi per un poco proprio sulla macchina bellica templare, uno strumento affinato dall’esperienza e guidato da una ferrea disciplina. Proprio la disciplina è il vero fattore discriminante rispetto allo stile militare europeo e crociato in generale; infatti gli eserciti secolari erano per lo più composti da una fanteria non di primissima qualità e la cavalleria, nerbo principale dell’oste, era più che altro la somma di un certo numero di nobili con il loro seguito; quindi la coesione e la manovrabilità di queste unità era alla fine quantomeno dubbia (tenuto anche conto della sempre presente propensione al saccheggio ed al bottino). Al contrario la disciplina monastica, cioè l’obbedienza assoluta verso il proprio superiore, e lo spregio per le cose mondane consentiva alle truppe dell’Ordine di mantenere, durante le battaglie, una coesione tale da diventare quasi sempre un punto di riferimento nel momento dell’assalto ed un ruolo preminente nelle marce in territorio ostile. Questa coesione resisteva anche in caso d’avversa fortuna per le armi cristiane, i Templari, infatti, rimanendo uniti, fornivano un punto d’appoggio alle truppe sbandate e il più delle volte evitavano che le ritirate degenerassero in vere e proprie rotte; dove la più agile cavalleria araba avrebbe potuto giocare come il gatto col topo.
Avendo citato la cavalleria araba converrà ora fare una piccola digressione sulle tecniche di battaglia in Terrasanta; molto diverse da quelle in uso nell’Europa medioevale. Al cozzo frontale di due opposti schieramenti, caro alla cavalleria feudale, si preferiva, da parte araba, l’uso d’arcieri a cavallo, più leggeri ma molto più manovrabili. L’Ordine si rese conto ben presto che era impossibile controbattere questa situazione con fanterie schierate dietro larghi scudi e la cavalleria pesante sfiancata inutilmente negli inseguimenti; quindi, a sua volta, creò una cavalleria leggera, i Turcopoli, con compiti d’esplorazione e di (usando una terminologia moderna) acquisizione obiettivi su cui scaricare la forza d’urto dei Fratelli Cavalieri.
Nei circa due secoli di permanenza in Oltremare, l’Ordine migliorò vieppiù la propria organizzazione e la propria specializzazione (anche se forse a discapito dell’iniziale spinta religiosa). Tuttavia questa alta specializzazione divenne poi la causa della sua rovina, poiché ,una volta cacciati dalla Terrasanta assieme a tutti i cristiani, i Templari non ebbero la flessibilità necessaria ad adattarsi ad un nuovo modo di fare la guerra a i saraceni (come invece fecero gli Ospitalieri); prova ne è la disperata resistenza sull’isolotto di Ruad e l’insofferenza nell’insediarsi a Cipro.
L’Ordine del Tempio era nato per difendere i Luoghi Santi e tutto era stato organizzato per tale scopo, compreso l’accumulo di ricchezze in Europa; ora quella missione era venuta meno e i grandi Stati europei non erano più disposti a sacrificare risorse per Gerusalemme, nonostante gli appelli del Papa. Di conseguenza, sulla scena politica, si trovava una variabile poco controllabile: un esercito perfettamente addestrato, agli ordini diretti del Papa, con risorse quasi illimitate e soprattutto con molti e pesanti crediti verso le principali monarchie, invidiato dalle gerarchie ecclesiastiche intermedie e forse già screditato agli occhi dell’opinione pubblica per la sua pretesa ingordigia e avarizia.
L’epilogo della vicenda è cosa nota: ricchissimi e senza una missione i Templari furono le vittime di una funesta congiuntura; il loro più forte debitore, Filippo il Bello Re di Francia, ben consigliato trovò le scuse buone per evitare di pagare il conto; ma peggio ancora il capo indiscusso dell’Ordine, papa Clemente V°, con una condotta a dir poco piratesca, non difese l’Ordine nell’avverso frangente.
L’Ordine del Tempio, tra il 13 ottobre 1307 e il 22 marzo 1312, sotto i colpi della calunnia e dell’imbroglio, cessò di esistere.
Al di là del romanticismo è abbastanza chiaro che in quel particolare momento storico, persa la Terrasanta, l’Ordine del Tempio risultava un anacronismo pericoloso per gli Stati nazionali che oramai si stavano imponendo; questa tendenza politica non venne recepita dai vertici dei Templari e ne causò la rovina; al contrario degli altri Ordini monastico – militari che riuscirono a sopravvivere grazie ai cambi di obiettivo: gli Ospitalieri divennero le sentinelle dell’Occidente nel Mediterraneo, gli ordini spagnoli e portoghesi (Santiago, Contesa, di Cristo) furono al servizio dei loro Re nella Riconquista, i Teutonici si crearono, con la scusa della crociata contro i pagani, un loro stato ai margini dell’Europa (e appena si dimostrarono pericolosi per il nascente stato nazionale polacco furono drasticamente ridimensionati).
Tutto deve partire ovviamente dalla Iª Crociata e dalla conquista di Gerusalemme nell’anno 1099; da questo momento prendono le mosse gli eventi che porteranno alla nascita dell’Ordine, in quanto la creazione degli Stati Latini d’Oriente e il ritorno a casa della maggior parte dei crociati pongono immediatamente il problema del controllo militare del territorio. Le truppe rimaste non sono sufficienti nemmeno per il presidio delle maggiori città, di conseguenza non vi può essere una capillare rete d’appoggio per i numerosi pellegrini e le grandi carovane che si muovono in Terrasanta, e che sono facile preda di beduini e saraceni.
Una ventina d’anni dopo (1118,1119,1120 poco importa), inaspettatamente, un piccolo gruppo di cavalieri laici trovò una soluzione innovativa al problema: Ugo di Payns, Goffredo di Saint Omer ed altri sette cavalieri “… rinunciarono al mondo e si consacrarono a Cristo…” mantenendo allo stesso tempo lo status di guerrieri e impegnandosi a “…difendere i pellegrini contro briganti e predatori, a proteggere le strade e a fungere da cavalleria del Re Sovrano…)[1].
Sconvolgendo la tripartizione della società medioevale (oratores, bellatores, laboratores), nasceva un’entità che assommava al valore della cavalleria medioevale la rigida disciplina monastica, nasceva il primo esempio di servizio militare permanente; fortemente motivato e soprattutto svincolato dalle regole feudali, regole che, come si sa, prevedevano solo un periodo limitato nel tempo al servizio del Re in guerra.
Con l’appoggio politico e materiale del Re e del Patriarca di Gerusalemme, che subito si accorsero di quanto fosse utile questa novità, il piccolo nucleo originario crebbe d’importanza e di numero. Tanto che, poco meno di dieci anni dopo (1127), Ugo di Payns giunse in Europa per ottenere un riconoscimento formale dell’Ordine da parte del Papa; ma allo stesso tempo per risolvere anche un problema di carattere spirituale e religioso che rischiava di minare alla base l’intera costruzione templare: come può un monaco votato a Cristo impugnare le armi e spargere sangue, ancorché d’infedele, in battaglia?
Una contraddizione piuttosto pesante che trovò una prima parziale risposta nella promulgazione della Regola templare, da parte del Concilio di Troyes nel 1129, ma che venne poi brillantemente risolta da Bernardo di Clairvaux quando, circa un anno dopo il Concilio, su richiesta dello stesso Ugo di Payns, compose il celebre “De laude novae militia”, un vero sermone esortativo ed elogiativo; dando così spessore teologico al sincero spirito religioso e di servizio dei primi cavalieri.
Da quel momento l’Ordine cominciò a crescere in modo continuo e costante sia in Terrasanta sia in Europa: grazie a donazioni, prebende e privilegi, grazie anche alle Bolle papali che lo liberarono dalle pastoie della gerarchia ecclesiastica e lo posero sotto l’egida diretta del Papa.
Di tutto questo i templari fecero buon uso; le ricchezze economiche in Europa furono trasformate, grazie alla loro abilità economica (valga per tutti l’invenzione dell’assegno), in risorse che mantennero in terrasanta la costosa macchina da guerra: i castelli di proprietà, i castelli affidati loro al Re o da altri feudatari, le armi, i cavalli e gli altri approviggionamenti necessari ad un esercito permanente.
Arrivati a questo punto è bene soffermarsi per un poco proprio sulla macchina bellica templare, uno strumento affinato dall’esperienza e guidato da una ferrea disciplina. Proprio la disciplina è il vero fattore discriminante rispetto allo stile militare europeo e crociato in generale; infatti gli eserciti secolari erano per lo più composti da una fanteria non di primissima qualità e la cavalleria, nerbo principale dell’oste, era più che altro la somma di un certo numero di nobili con il loro seguito; quindi la coesione e la manovrabilità di queste unità era alla fine quantomeno dubbia (tenuto anche conto della sempre presente propensione al saccheggio ed al bottino). Al contrario la disciplina monastica, cioè l’obbedienza assoluta verso il proprio superiore, e lo spregio per le cose mondane consentiva alle truppe dell’Ordine di mantenere, durante le battaglie, una coesione tale da diventare quasi sempre un punto di riferimento nel momento dell’assalto ed un ruolo preminente nelle marce in territorio ostile. Questa coesione resisteva anche in caso d’avversa fortuna per le armi cristiane, i Templari, infatti, rimanendo uniti, fornivano un punto d’appoggio alle truppe sbandate e il più delle volte evitavano che le ritirate degenerassero in vere e proprie rotte; dove la più agile cavalleria araba avrebbe potuto giocare come il gatto col topo.
Avendo citato la cavalleria araba converrà ora fare una piccola digressione sulle tecniche di battaglia in Terrasanta; molto diverse da quelle in uso nell’Europa medioevale. Al cozzo frontale di due opposti schieramenti, caro alla cavalleria feudale, si preferiva, da parte araba, l’uso d’arcieri a cavallo, più leggeri ma molto più manovrabili. L’Ordine si rese conto ben presto che era impossibile controbattere questa situazione con fanterie schierate dietro larghi scudi e la cavalleria pesante sfiancata inutilmente negli inseguimenti; quindi, a sua volta, creò una cavalleria leggera, i Turcopoli, con compiti d’esplorazione e di (usando una terminologia moderna) acquisizione obiettivi su cui scaricare la forza d’urto dei Fratelli Cavalieri.
Nei circa due secoli di permanenza in Oltremare, l’Ordine migliorò vieppiù la propria organizzazione e la propria specializzazione (anche se forse a discapito dell’iniziale spinta religiosa). Tuttavia questa alta specializzazione divenne poi la causa della sua rovina, poiché ,una volta cacciati dalla Terrasanta assieme a tutti i cristiani, i Templari non ebbero la flessibilità necessaria ad adattarsi ad un nuovo modo di fare la guerra a i saraceni (come invece fecero gli Ospitalieri); prova ne è la disperata resistenza sull’isolotto di Ruad e l’insofferenza nell’insediarsi a Cipro.
L’Ordine del Tempio era nato per difendere i Luoghi Santi e tutto era stato organizzato per tale scopo, compreso l’accumulo di ricchezze in Europa; ora quella missione era venuta meno e i grandi Stati europei non erano più disposti a sacrificare risorse per Gerusalemme, nonostante gli appelli del Papa. Di conseguenza, sulla scena politica, si trovava una variabile poco controllabile: un esercito perfettamente addestrato, agli ordini diretti del Papa, con risorse quasi illimitate e soprattutto con molti e pesanti crediti verso le principali monarchie, invidiato dalle gerarchie ecclesiastiche intermedie e forse già screditato agli occhi dell’opinione pubblica per la sua pretesa ingordigia e avarizia.
L’epilogo della vicenda è cosa nota: ricchissimi e senza una missione i Templari furono le vittime di una funesta congiuntura; il loro più forte debitore, Filippo il Bello Re di Francia, ben consigliato trovò le scuse buone per evitare di pagare il conto; ma peggio ancora il capo indiscusso dell’Ordine, papa Clemente V°, con una condotta a dir poco piratesca, non difese l’Ordine nell’avverso frangente.
L’Ordine del Tempio, tra il 13 ottobre 1307 e il 22 marzo 1312, sotto i colpi della calunnia e dell’imbroglio, cessò di esistere.
Al di là del romanticismo è abbastanza chiaro che in quel particolare momento storico, persa la Terrasanta, l’Ordine del Tempio risultava un anacronismo pericoloso per gli Stati nazionali che oramai si stavano imponendo; questa tendenza politica non venne recepita dai vertici dei Templari e ne causò la rovina; al contrario degli altri Ordini monastico – militari che riuscirono a sopravvivere grazie ai cambi di obiettivo: gli Ospitalieri divennero le sentinelle dell’Occidente nel Mediterraneo, gli ordini spagnoli e portoghesi (Santiago, Contesa, di Cristo) furono al servizio dei loro Re nella Riconquista, i Teutonici si crearono, con la scusa della crociata contro i pagani, un loro stato ai margini dell’Europa (e appena si dimostrarono pericolosi per il nascente stato nazionale polacco furono drasticamente ridimensionati).