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jueves, octubre 13, 2011

Simbolo e allegoria nel Medioevo



Dante e le tre fiere

"Noi vediamo come in uno specchio, in immagine, solo allora [nella vita eterna] vedremo invece faccia a faccia". Su queste parole di san Paolo (lettera ai Corinzi, XIII, 12), riprese da sant’Agostino, si fonda il modo di pensare e di rappresentare il mondo tipico del Medioevo. L’intera natura appare come un libro scritto da Dio, che manifesta attraverso i fenomeni e le creature sensibili i segni della sua volontà. L’universo è dunque un grande sistema di simboli da decifrare. La ricerca dei significati occulti delle cose si basa essenzialmente in questo periodo su un procedimento analogico e intuitivo, che tende a illuminare le corrispondenze segrete tra i diversi piani dell’esperienza. Le piante, gli animali, i minerali sono descritti nelle loro caratteristiche naturali, nei colori e comportamenti, in quanto spie di virtù o vizi o comunque di qualità che li oltrepassano e li rendono simbolici. Le pietre gialle e verdi guariscono per analogia le malattie del fegato, quelle rosse le emorragie. La rosa bianca rimanda alla verginità, quella rossa alla carità: entrambe simboleggiano la Vergine. La mela (da malum) simboleggia il male, il grappolo di uva il Cristo che ha versato il sangue per l’uomo. Gli animali incarnano soprattutto il male: il caprone la lussuria, lo scorpione la falsità. Il Fisiologo, che è il modello di tutti i bestiari medievali, unisce sistematicamente alla descrizione naturale o fantastica dell’animale la rivelazione del significato morale e religioso, sostenuto da passi della Bibbia. Anche i gesti hanno un ricco significato simbolico, da quelli liturgici (il segno della croce, i gesti di benedizione) a quelli politici e sociali (la cerimonia di investitura cavalleresca, i gesti di sottomissione, di omaggio, di sfida — si veda per esempio l’offerta del guanto a Dio da parte di Orlando morente nella Chanson de Roland. I numeri nel Medioevo non servono tanto a misurare quanto a stabilire corrispondenze simboliche tra microcosmo e macrocosmo; quattro sono gli elementi della natura (aria, acqua, terra e fuoco), quattro gli elementi del corpo umano (carne, sangue, respiro, calore). Fondamentale è l’uso simbolico della proporzione numerica che riproduce nella cattedrale l’ordine cosmico. Ma è soprattutto la parola la chiave che permette l’accesso al senso delle cose: il loro significato si recupera risalendo alla loro origine ed essenza per mezzo del nome: di qui il valore e la diffusione delle etimologie dove parole e cose si corrispondono. Lo studio della grammatica, della littera, è anche alla base dell’interpretazione allegorica dei testi, che si fonda sulla distinzione tra senso letterale e senso spirituale: questo metodo di lettura fin dall’antichità era applicato alla Bibbia, per cogliere il vero senso che si nasconde dietro le metafore dei Salmi e delle parabole. Esteso poi anche ai testi profani dell’antichità classica ne permise un uso strumentale, funzionale al loro inserimento nella concezione morale cristiana. Fulgenzio, autore cristiano del V secolo, lo applica all’Eneide, che si trasforma così in una specie di allegoria della salvezza dell’anima. L’interpretazione allegorica o tipologica esprime una concezione cristiana della storia in cui il passato il presente e il futuro sono legati da un rapporto di prefigurazione nella prospettiva della salvezza finale, il Vecchio Testamento prefigura il Nuovo, Adamo prefigura Cristo e Cristo la salvezza dell’anima. "L’interpretazione figurale — osserva Auerbach — stabilisce fra due fatti e persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto se stesso, ma significa anche l’altro, mentre l’altro comprende e adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo come fatti e figure reali".